L’insegnante tra scuola e scienza dell’educazione
L’insegnante tra scuola e scienza dell’educazione
Da pochi giorni è uscito un libro di grande interesse – Dante Alighieri, Inferno, a cura di Alessandra Avanzini (Roma, Anicia, 2021). Esso affronta il problema di come si può fare didattica, ossia di come si può cominciare a fare educazione, quella educazione che comincia con la scuola e, se si coltiva, è un cammino che dura tutta la vita. Ma come si fa a cominciare a districare l’intricata matassa, come diceva il caro e compianto amico Remo Fornaca, dell’educazione, insomma a trovare l’incipit per educare? Bisogna avere pazienza e fatica e soprattutto delle idee in testa e provarle con i nostri allievi. Come trovare l’aggancio su cui possiamo lavorare pensando di aver trovato un aurorale rapporto educativo? Ci proviamo, ma non è facile perché deve essere l’insegnante, come il pifferaio di Hamelin, che affascina, e perché altri sono con te, specie lo stesso insegnante che ti vuole portare con sé. Perché ti può aiutare a realizzare almeno una parte di te, perché senti che questa parte, insieme ad altre che verranno, contribuisce a farti felice. È un qualcosa che ti inebria e addirittura pensavi che la scuola non ci riuscisse: è il momento di provare! Se hai dubbi ne parli con l’insegnante che ti aiuterà a prendere coraggio e sentire la scuola meno distante da casa, che puoi stabilire un filo rosso che lega con la fantasia casa e scuola e acquieta i dubbi che ogni tanto ti possono sorgere, come insorgono agli inizi anche nell’insegnante, ma ora che ha dato il “ciak, si gira”, li mette tra parentesi perché al momento sente di averli superati. Ritorneranno poi, quando cercherà un altro incipit, (altri allievi, altra storia) perché l’insegnante è un intellettuale che vive tra i dubbi. Questa volta è sicuro che ha trovato il bandolo della matassa: ha instaurato un
rapporto educativo. Nella fattispecie ha trovato l’Inferno, quel capolavoro di quel fantasioso “ghibellin fuggiasco”. E, allora, si tratta di mettersi al lavoro didatticamente, con le idee chiare e allegramente per fare, come compete a ogni insegnante, il regista. Chi fa questo, chi quest’altro, chi accompagna il tutto con il canto, chi disegna, chi scrive per introdurre il canto del grande Fiorentino. E ciascuno lavora al meglio e fanno un’équipe meravigliosa, perché, carico di talento, ciascuno dà il meglio di sé.
E viene quella meraviglia di libro che non è fine a se stesso, ma un modello educativo di tutto rispetto che riassume in sé tutto l’ànemos teoretico che io non sono mai arrivato a scrivere così bene. Niente come questo libro sa dire ai quattro venti che la scuola è l’insegnante, perché è lui che fa la scuola.
Giovanni Genovesi